CONTENUTO IN Sport-Update – Newsletter n. 14/21 – 20/8/2021
Più volte[1] ci siamo occupati del tema delle sponsorizzazioni sportive e del rischio di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate con riferimento soprattutto alle contestazioni della deducibilità del costo in capo allo sponsor per mancanza del requisito di inerenza, economicità e proporzionalità dello stesso rispetto alla realtà aziendale.
In altri termini l’Agenzia delle Entrate spesso nega la deducibilità del costo e la detraibilità dell’IVA all’impresa che sponsorizza un ente sportivo dilettantistico ove ritenga che l’importo della sponsorizzazione sia troppo elevato o che il ritorno pubblicitario non sia sufficiente a giustificare questo tipo di investimento.
Va ricordato che esiste una norma[2] che pone una presunzione assoluta circa la natura pubblicitaria delle sponsorizzazioni sportive purché queste abbiano quattro caratteristiche:
- siano fatte a un ente sportivo iscritto al Registro CONI;
- non superino l’entità di 200.000 euro annui;
- abbiano come finalità quella di promuovere l’immagine o i prodotti dello sponsor;
- abbiano una effettiva esecuzione.
Da anni la Cassazione aveva sostenuto con diverse pronunce che questa presunzione assoluta deve intendersi in maniera estensiva nel senso non solo di qualificare l’investimento come spesa di pubblicità e non di rappresentanza[3] ma anche di inibire qualsiasi valutazione in merito alla congruità dell’importo, all’economicità dell’investimento e in definitiva all’inerenza della spesa rispetto all’attività di impresa. In sostanza la Suprema Corte aveva già avuto modo di affermare che una sponsorizzazione sportiva che abbia le caratteristiche sopra enunciate è da considerarsi di per sé inerente e quindi non possa essere contestata se non dimostrando che la prestazione non è stata svolta o la mancanza di una delle altre caratteristiche richieste dalla norma.
Ebbene, lo scorso 27 luglio si è aggiunta una nuova pronuncia che ha ulteriormente ribadito questi concetti. Si tratta della Ordinanza numero 21452/2021, la quale, dopo avere richiamato la copiosa giurisprudenza[4] già più volte commentata, ha affermato che “il citato art.90, comma 8, costituisce norma speciale, destinata a derogare anche al regime generale di deducibilità dei costi previsto dall’art.109 del t.u.i.r., trattandosi di disposizione che detta peculiari condizioni di deducibilità delle spese di pubblicità che rispondono alle specifiche esigenze del settore di riferimento, ossia delle compagini sportive dilettantistiche”. Ancora più chiara la posizione espressa in un successivo passaggio che inibisce all’Agenzia delle Entrate la possibilità di indagare sulle aspettative di guadagno correlate alla pubblicità svolta attraverso la sponsorizzazione: “In sostanza, il legislatore ha stabilito una presunzione assoluta di deducibilità del costo, rendendo non sindacabile la scelta dell’imprenditore di promuovere il nome, il marchio o l’immagine attraverso iniziative pubblicitarie nel settore sportivo dilettantistico. Non si può, quindi, negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale”. Infine viene nuovamente ribadito in maniera espressa che “Neppure … è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo”. Infine la pronuncia tocca anche un ulteriore punto che spesso costituisce uno dei fondamenti delle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate, ovvero la presunta inidoneità a raggiungere la clientela dell’impresa che opera la sponsorizzazione. A questo riguardo la Suprema Corte nell’ordinanza ora in esame afferma che “… tale affermazione [ovvero che il veicolo pubblicitario prescelto fosse inidoneo a raggiungere la clientela dello sponsor] si pone in contrasto con la corretta nozione di inerenza, che non poggia sulla necessaria riconducibilità dell’onere di sponsorizzazione alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo, e non tiene conto dell’evoluzione delle tecniche pubblicitarie che porta ad escludere che, nell’attuale mercato <<globalizzato>>, ai fini della sussistenza del requisito dell’inerenza delle spese di pubblicità, debba sussistere un legame territoriale tra l’offerta pubblicitaria e l’area geografica in cui l’impresa svolge la propria attività, né una relazione tra il concetto di spesa e quello di impresa, assumendo rilevanza il costo non tanto per la sua esplicita diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù di una correlazione con un’attività potenzialmente idonea alla produzione di utili”.
Con questa ulteriore pronuncia quindi si consolida un orientamento che oramai appare granitico e senza alcuna eccezione nel considerare deducibili le spese di sponsorizzazione sportiva senza che sia necessario dimostrarne l’inerenza e la proporzionalità.
Notiamo in conclusione che oramai è giunta l’ora che l’Agenzia delle Entrate prenda finalmente coscienza di questo orientamento e adegui le proprie modalità di controllo delle sponsorizzazioni sportive. In effetti l’ente accertatore dovrebbe venire indotto a modificare la propria posizione inquisitoria sul tema anche da elementi tecnici quali il fatto che oramai queste decisioni vengono sempre assunte dalla Cassazione con lo strumento dell’ordinanza e non con quello della sentenza. Ciò per il semplice fatto che si tratta di un orientamento consolidato che non necessita da parte dell’organo giudicante particolare approfondimento. Inoltre le pronunce giurisprudenziali cominciano a condannare l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di causa (come nel caso dell’ordinanza ora in esame) e questo è un elemento importantissimo di condizionamento degli uffici legali dell’amministrazione finanziaria.
Parma, 20 agosto 2021
Dr. Fabio Zucconi
[1] Cfr. ad esempio https://www.studiofabiozucconi.it/sentenza-sponsorizzazioni-sportive/ e https://www.studiofabiozucconi.it/vademecum-per-le-sponsorizzazioni-sportive/
[2] L’articolo 90, comma 8 della legge 27 dicembre 2002, n.289 che verrà presto sostituita dalla identica norma contenuta nel decreto della Riforma dello Sport all’articolo 12, comma 3 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n.36.
[3] Con evidente vantaggio dell’impresa-sponsor che può dedursi interamente il costo della sponsorizzazione e detrarsi interamente l’IVA esposta nella fattura ricevuta.
[4] Cfr. in particolare Cass.7202/2017, 8981/2017, 1420/2018,13508/2018, 22855/2018, 8540/2020.