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Studio Fabio Zucconi

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LA TASSAZIONE DEI REDDITI DA CESSIONE DI VALUTE ESTERE RIVENIENTI DA CONTI CORRENTI – parte 4 di 5

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Proseguiamo la pubblicazione dell’approfondimento sul tema della tassazione dei redditi da cessione di valute estere rivenienti da conti correnti con la quarta parte dedicata a: Modalità di tassazione della plusvalenza: l’abbinamento del costo sostenuto al corrispettivo percepito: il metodo Lifo; Le minusvalenze;  l’imposta sulle plusvalenze; la compilazione del quadro RT della dichiarazione dei redditi.

 

4.4 L’abbinamento del costo sostenuto al corrispettivo percepito: il metodo Lifo

Le plusvalenze da valuta estera rivenienti da conti correnti vanno quindi determinate come differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo sostenuto. Nessuna difficoltà sussiste quando ad ogni carico di valuta segue uno scarico di pari importo: basta confrontare il controvalore in euro del carico con quello dello scarico utilizzando le modalità approfondite in precedenza[1]. Più problematico diventa il confronto nel momento in cui i carichi e gli scarichi si susseguono come movimenti di un utilizzo dinamico del conto corrente in valuta. In questi casi infatti non sussiste alcun rapporto diretto tra i singoli carichi di valuta ed i successivi scarichi e occorre trovare una regola che ne permetta gli abbinamenti[2]. Dal momento che il denaro è una merce fungibile e non è possibile determinare una corrispondenza certa tra ogni addebito ed i precedenti accrediti non si poteva che definire una regola convenzionale. Tale regola è stata dettata dal comma 1-bis dell’articolo 67 Tuir che afferma che “si considerano cedute per prime … le valute acquisit[e] in data più recente”. Con questa semplice norma è stato quindi stabilito che il calcolo delle plusvalenze deve essere eseguito utilizzando il metodo denominato Lifo[3] che impone di abbinare ogni scarico di valuta prioritariamente con il carico più recente e quindi, in caso di incapienza del carico più recente, procedere a ritroso abbinando in sequenza gli ulteriori carichi sempre dando priorità ai più recenti sui più antichi[4]. La norma va interpretata nel senso che il metodo Lifo deve essere utilizzato in riferimento alla posizione complessiva del contribuente e non in riferimento al singolo conto corrente. Ciò significa che deve essere creata una serie di abbinamenti con il criterio Lifo tra ciascuno scarico ed i precedenti carichi tenendo in considerazione tutte le movimentazioni riconducibili al contribuente per la medesima valuta. Ad esempio, quindi se un contribuente disponesse di un conto denominato in sterline e di un conto in dollari americani dovrebbero essere create due serie di abbinamenti: una per ciascuno dei conti correnti dato che questi sono denominati in valute diverse tra loro. Ma se al contrario lo stesso contribuente detenesse due conti correnti, anche presso diversi intermediari, entrambi denominati in sterline, la serie di abbinamenti da creare dovrebbe essere unica e gli abbinamenti dovrebbero avvenire indipendentemente dal conto in cui sono avvenuti gli accrediti o gli addebiti. Questa conclusione deriva direttamente dalla lettera della norma che non autorizza in alcun modo a considerare indipendenti le posizioni dei singoli conti correnti. Alla luce di quanto dianzi esposto appare ora chiaro quanto abbiamo già anticipato nel sommario ovvero che le modalità pratiche di determinazione delle plusvalenze tramite l’abbinamento degli scarichi di valuta ai precedenti carichi con il metodo Lifo appaiono particolarmente articolate e che, nei casi in cui il contribuente disponga di una pluralità di conti correnti nella medesima divisa con movimentazioni frequenti, magari detenuti presso intermediari diversi tra loro, si rende necessaria una capacità di calcolo che prescinde dall’utilizzo di semplici fogli di calcolo, ma richiede l’impiego di appositi software.

Può accadere che in casi particolari a fronte di uno scarico di valuta di un determinato importo non si rilevino carichi precedenti di importo sufficiente e che quindi non sia possibile procedere ad effettuare un abbinamento completo secondo il metodo Lifo previsto dalla legge. In sostanza questa fattispecie rappresenta un caso in cui il contribuente non è in grado di documentare il costo di acquisto. Ne consegue che dovrebbe applicarsi la norma di chiusura prevista dal sesto comma dell’art.68 Tuir di cui ci siamo occupati in precedenza e che prevede di assumere come costo il valore della valuta al minore dei cambi medi mensili accertati dall’Agenzia delle Entrate. Utilizzando i termini che abbiamo definito nei paragrafi precedenti il calcolo della plusvalenza verrebbe quindi effettuato attraverso la creazione di un carico di valuta fittizio ottenuto con l’applicazione del tasso di cambio previsto dall’art.68 Tuir. Come già anticipato questa fattispecie si può manifestare nel caso in cui la documentazione in possesso del contribuente sia incompleta in quanto mancano dettagli di alcuni movimenti bancari del periodo di imposta o mancano i documenti relativi ai movimenti degli anni precedenti. Al contrario se la documentazione è completa ed è possibile risalire a tutte le movimentazioni dei conti correnti in valuta fin dall’inizio dell’apertura del rapporto bancario sarà sempre possibile abbinare ad uno scarico di valuta il corrispondente carico precedente. Merita tuttavia una precisazione il caso dell’utilizzo di fidi sul conto corrente valutario. In effetti può accadere che il contribuente venga autorizzato dalla banca presso cui detiene un conto corrente in valuta ad addebitare tale conto anche in mancanza di liquidità sufficiente. Il saldo del conto corrente in valuta in questo caso diventerebbe negativo, ma in forza dell’accordo di fido con la banca l’operazione di addebito verrebbe eseguita comunque. Dal punto di vista della determinazione del reddito da valuta riveniente da conto corrente questa fattispecie va approfondita in quanto appare evidente che a fronte di un addebito del conto non sarebbe possibile trovare un corrispondente accredito precedente (infatti il saldo del conto corrente sarà negativo) e quindi si renderebbe impossibile effettuare l’abbinamento con il metodo Lifo. Si potrebbe quindi ritenere di dover applicare anche in questa ipotesi la norma di chiusura più volte richiamata in precedenza e determinare il costo di acquisto applicando il minore dei cambi medi mensili del periodo di imposta. Tuttavia tale soluzione sarebbe fortemente penalizzante per il contribuente il quale si vedrebbe tassare delle plusvalenze più elevate del reale senza avere alcuna responsabilità per la impossibilità di documentare il costo di acquisto[5]. Si ritiene che in questi casi sia più equo effettuare la quantificazione della plusvalenza integrando i movimenti presenti sull’estratto conto con dei movimenti fittizi corrispondenti all’utilizzo del fido. Pertanto, anche per questa fattispecie, utilizzando i termini oramai familiari, si renderebbe necessario creare fittiziamente dei carichi di valuta (al momento dell’utilizzo del fido) e degli scarichi di valuta (al momento del rientro dal fido) da integrare agli altri movimenti rilevati dalla documentazione bancaria. In altri termini si deve considerare che in realtà il fido concesso al contribuente è assimilabile ad un accredito effettuato dalla banca sul conto corrente del contribuente che permette a quest’ultimo di utilizzare denaro di cui altrimenti non avrebbe la disponibilità[6]. La scelta di accreditare effettivamente questo denaro sul conto corrente in modo da mantenere sempre il saldo positivo[7] o di permettere al conto di assumere un saldo negativo è del tutto indifferente a fronte dell’obbligo in capo al correntista di rimborsare la somma accreditata o di riportare il saldo del conto a zero e quindi si ritiene che questa considerazione autorizzi ad effettuare i calcoli per la determinazione delle plusvalenze nel modo sopra indicato senza penalizzare immotivatamente il contribuente che effettua investimenti a leva o che comunque utilizza un affidamento bancario.

4.5 Le minusvalenze

L’applicazione delle regole dianzi delineate può portare per ogni movimento che abbiamo denominato di scarico di valuta a determinare un importo positivo da portare a tassazione (ed in tal caso si genererebbe una plusvalenza). Tuttavia, se il costo di acquisto si rivelasse superiore al corrispettivo percepito, il calcolo porterebbe a rilevare una minusvalenza. Tali minusvalenze concorrono alla determinazione del reddito di cui ci stiamo occupando. In effetti l’articolo 68 Tuir, sesto comma, esplicitamente afferma che “Le minusvalenze sono determinate con gli stessi criteri stabiliti per le plusvalenze”. Il comma successivo del medesimo articolo di legge detta ulteriori disposizioni da applicare “agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze”. Pertanto si deve concludere che la determinazione dell’imponibile della categoria dei “redditi diversi” prevista dall’articolo 67 Tuir con riferimento ai conti correnti in valuta debba essere effettuata tenendo conto sia delle plusvalenze che delle minusvalenze che si producono da ogni movimentazione che costituisce uno scarico di valuta. Plusvalenze e minusvalenze si potranno compensare e insieme contribuiranno alla determinazione dell’imposta da versare. Potrebbe ovviamente accadere che il valore delle singole minusvalenze ecceda quello delle singole plusvalenze nel corso del periodo di imposta e quindi che anziché un reddito si produca una perdita. Innanzitutto è bene chiarire che questa eventuale eccedenza di minusvalenze derivante dalle operazioni effettuate sul conto corrente in valuta potrà essere compensata con altri redditi finanziari oggetto della disposizione dell’articolo 67 Tuir, primo comma, lettere da c) a c-quinquies) (ovvero ad esempio plusvalenze sulla compravendita di azioni, obbligazioni, strumenti derivati, metalli preziosi). Qualora anche dalla somma algebrica di tutti questi valori permanesse una perdita è bene precisare che questa eccedenza di minusvalenze rispetto alle plusvalenze può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze dei periodi di imposta successivi per un massimo di quattro anni. A tal fine, ovviamente, sarà necessario evidenziare l’eccedenza di minusvalenze nella dichiarazione dell’anno in cui tale situazione si è prodotta e successivamente riportare il saldo negativo nelle dichiarazioni successive.

4.6 L’imposta sulle plusvalenze

I redditi finanziari di cui ci stiamo occupando sono classificati dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi nella categoria dei redditi diversi[8] e sono assoggettati a imposta sostitutiva in forza della norma contenuta nell’articolo 5 del D.Lgs. n.461 del 21 novembre 1997[9]. L’aliquota di tassazione è fissata nella misura del 26%[10]. È stabilito che l’imposta sostitutiva sulle plusvalenze vada corrisposta alle scadenze previste annualmente per le imposte sui redditi e non è previsto il versamento di alcun acconto per l’anno di imposta successivo[11].

4.7 La compilazione del quadro RT della dichiarazione dei redditi

La liquidazione dell’imposta sostitutiva deve avvenire con le stesse modalità delle imposte sui redditi, quindi attraverso il modello di dichiarazione[12]. Come già precedentemente anticipato al contribuente non è permesso optare per il regime amministrato per la tassazione di questo genere di plusvalenze[13], quindi il regime dichiarativo è obbligatorio per la determinazione di questa imposta sostitutiva. Il quadro per la dichiarazione di questa categoria di redditi diversi è denominato quadro RT – Plusvalenze di natura finanziaria[14] ed è contenuto nel fascicolo n.2 del modello Redditi Persone Fisiche[15]. La sezione del quadro da compilare è la sezione II denominata “Plusvalenze assoggettate a imposta sostitutiva del 26%”[16]. I due righi principali da compilare sono il rigo RT21 ove vanno indicati i corrispettivi di cessione delle valute e il rigo RT22 ove invece va indicato il costo fiscalmente riconosciuto. I corrispettivi di cessione e il costo fiscalmente riconosciuto vanno determinati, secondo le modalità descritte nei paragrafi precedenti, per ciascuna singola operazione suscettibile di generare plusvalenze (ovvero, secondo la terminologia utilizzata in precedenza, per ogni singolo scarico di valuta). Siccome tuttavia il modello dichiarativo non consente di compilare un rigo per ogni operazione che genera una plusvalenza (o una minusvalenza), si rende necessario compilare e conservare un apposito prospetto nel quale siano dettagliate le modalità di calcolo di ogni singola plusvalenza[17]. Da tale prospetto quindi sarà possibile desumere il valore complessivo dei corrispettivi percepiti per tutte le operazioni che hanno dato luogo a plusvalenze o minusvalenze nel periodo di imposta semplicemente facendo la somma dei corrispettivi correlati alle singole operazioni[18]. Allo stesso modo sarà possibile determinare il costo fiscalmente riconosciuto da indicare nella dichiarazione operando la somma dei valori di costo rilevati per ciascuna singola operazione. È ancora da precisare che i righi RT21 e RT22, come tutti quelli di questo quadro della dichiarazione dei redditi, servono per dichiarare, oltre ai redditi oggetto di questo approfondimento anche tutti i redditi derivanti da altre operazioni di compravendita di strumenti finanziari quali azioni, obbligazioni, derivati, metalli preziosi ed altri che rientrano nelle fattispecie disciplinate dall’articolo 67, primo comma, lettere da c) a c-quinquies) del Tuir. Infatti il quadro del modello dichiarativo non offre righi diversi per indicare i corrispettivi ed i costi correlati alla compravendita di differenti strumenti finanziari, bensì propone un unico rigo (RT21) per dichiarare i corrispettivi percepiti per tutti i tipi di redditi disciplinati dall’art.67, comma 1, lettere da c) a c-quinquies) ed un unico rigo (RT22) per dichiarare i correlati costi di acquisto. Da ciò deriva che i valori totali dei corrispettivi e dei costi fiscalmente riconosciuti risultanti dal prospetto sopra menzionato che dettaglia ogni singola operazione di scarico di valuta suscettibile di generare plusvalenze o minusvalenze devono essere a loro volta sommati rispettivamente alla somma dei corrispettivi percepiti e dei costi riconosciuti correlati ad ogni singola operazione di compravendita di strumenti finanziari di cui al citato articolo 67 Tuir[19]. Dalla compilazione dei righi sopra indicati deriva in automatico quella dei righi RT23 (Plusvalenze e Minusvalenze) e, in mancanza di utilizzo in compensazione di minusvalenze, anche quella dei righi RT26, RT27 e RT29. Qualora dalla dichiarazione dell’anno in corso risultassero delle plusvalenze tassabili queste potrebbero essere compensate con eventuali minusvalenze derivanti dal riporto dagli anni precedenti o con minusvalenze derivanti dalla sezione I[20] dello stesso modello redditi (da inserire al rigo RT24) o infine con minusvalenze certificate dagli intermediari ed utilizzabili in regime dichiarativo (rigo RT25). Per il riporto delle minusvalenze, a causa delle ripetute variazioni dell’aliquota di imposta da applicare ai redditi finanziari che si sono susseguite negli ultimi anni, va fatta molta attenzione all’eventuale necessità di riproporzionare le minusvalenze generate in periodi di imposta in cui vigeva una diversa aliquota di tassazione[21]. Infine, nel caso in cui nell’anno di imposta o negli anni precedenti sussistevano minusvalenze riportabili agli anni successivi non ancora utilizzate in compensazione di plusvalenze e non scadute[22], queste dovranno essere riportate nella sezione V “Minusvalenze non compensate nell’anno” al fine di poterle utilizzare con le dichiarazioni degli anni successivi.

Parma, 22/5/2019

Dr. Fabio Zucconi

[1] Ad esempio quindi se in data 1/3/2017 viene accreditata sul conto in valuta una somma di 10.000 $ e in data 20/8/2017 i 10.000 $ vengono trasferiti su un conto in euro risulta molto facile determinare che si è prodotta una minusvalenza di 976 Euro confrontando il controvalore in euro al 1/3 (tasso di cambio di 1,0533 e controvalore in euro di 9.493,97) e quello al 20/8 (tasso di cambio di 1,174 e controvalore di 8.517,89)

[2] Quindi se al 1/3 vengono accreditate somme in valuta per 5.000 $, al 18/4 viene fatto un nuovo accredito per 7.500 $, al 20/5 viene addebitata dal conto una somma di 3.500 $, al 25/5 viene accreditata nuovamente una somma di 6.000 $ ed infine al 20/9 viene addebitata una somma di 5.000 $ come va determinata la plusvalenza per lo scarico di valuta del 20/9? Le somme addebitate in quella data vanno confrontate con quelle accreditate originariamente il 1/3 o con le ultime del 25/5?

[3] Termine che deriva dall’acronimo delle parole inglesi Last In First Out (ultimo entrato primo uscito).

[4] Nell’esempio di nota 2 quindi l’addebito di 5.000 $ del 20/9 andava abbinato all’accredito del 25/5 che era il più recente. Tale accredito risultava capiente e quindi il processo di abbinamento si poteva concludere con la determinazione di una minusvalenza di 294 euro in quanto il controvalore in euro al 20/9 ammontava a 4.164,24 (tasso di cambio di 1,2007) e quello al 25/5 ammontava a 4.458,71 (tasso di cambio di 1.1214).

[5] È evidente infatti che la regola di cui all’articolo 110, comma 9 Tuir rappresenta una penalizzazione per il contribuente “responsabile” di non avere tenuto a disposizione tutta la documentazione necessaria per i controlli fiscali.

[6] In altri termini ad ogni utilizzo del fido si deve ipotizzare l’accredito fittizio di una somma di importo sufficiente a riportare il saldo del conto a zero. Nel caso di riduzione dell’utilizzo del fido si dovrebbe invece ipotizzare un movimento fittizio di addebito del conto di pari importo ed in caso di incremento di utilizzo del fido allo stesso modo si dovrebbe ipotizzare un nuovo accredito fittizio dalla banca al correntista di pari importo.

[7] Ad esempio concedendo un finanziamento.

[8] Cfr. Articolo 67, comma 1, Tuir.

[9] La norma espressamente prevede al secondo comma che: “I redditi di cui alle lettere da c) a c-quinquies) del comma 1 dell’articolo 81 [ora art.67], del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall’articolo 3, comma 1, determinati secondo i criteri stabiliti dall’articolo 82 [ora art.68] del predetto testo unico, sono soggetti ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con l’aliquota del 12,50 per cento”.

[10] A causa della pessima modalità di scrittura delle norme l’articolo 5 del D.Lgs. 461/1997 ancora oggi indica l’aliquota dell’imposta sostitutiva al 12,50 per cento (e, come si vede dalla nota precedente, riporta ancora riferimenti normativi oramai cambiati dal lontano 2004), ma in realtà fin dal secondo semestre dell’anno 2014 l’aliquota è stata innalzata al 26% in forza dell’articolo 3, primo comma, del Decreto-legge n.66 del 24 aprile 2014, il quale prescrive infatti che “… le imposte sostitutive … sui redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del … testo unico ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 26 per cento”.

[11] Cfr. Articolo 5, comma 4, D.Lgs. n.461/1997.

[12] Cfr. Articolo 5, comma 6, D.Lgs. n.461/1997, il quale stabilisce che anche per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni, il rimborso e il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

[13] Cfr. Articolo 6, comma 1, D.Lgs. n.461/1997 che prevede che “Il contribuente ha facoltà di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva … su ciascuna delle plusvalenze realizzate ai sensi delle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’articolo 81 [ora articolo 67] del testo unico delle imposte sui redditi … con esclusione di quelle relative a depositi in valuta”.

[14] Le istruzioni del quadro RT indicano infatti nella loro parte iniziale “Questo quadro deve essere compilato per indicare i redditi derivanti dalle cessioni di partecipazioni non qualificate, obbligazioni e altri strumenti che generano plusvalenze di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c)-bis a c)-quinquies del TUIR”. Successivamente è chiarito meglio che sono da indicare in questo quadro le plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso (o prelievo) di valute estere se derivanti da depositi o conti correnti nel caso in cui la giacenza dei depositi complessivamente intrattenuti dal contribuente superi euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui.

[15] I riferimenti al modello di dichiarazione contenuti in questo articolo sono operati con riferimento al Modello Redditi PF 2019.

[16] Come indicato nelle istruzioni questa sezione va utilizzata per dichiarare le plusvalenze prodotte a far data dal 1 luglio 2014.

[17] Cfr. Istruzioni per la compilazione del modello redditi persone fisiche, fascicolo 2, 4. Quadro RT – Plusvalenze di natura finanziaria – Sezione I (indicazioni richiamate dall’istruzione per la compilazione della sezione II) ove è esplicitamente scritto che: “La società [sic] è tenuta a compilare e a conservare un apposito prospetto nel quale indicare, per ognuna delle operazioni eseguite, l’ammontare lordo dei corrispettivi, l’ammontare dei relativi costi e il risultato del calcolo effettuato. Questo prospetto dovrà essere esibito o trasmesso, su richiesta, all’Agenzia delle Entrate”.

[18] Esempio: nell’anno risultano tre operazioni di scarico di valuta per i quali si possono rilevare rispettivamente i seguenti valori: operazione 1: corrispettivo: euro 10.251, costo euro 9.875; operazione 2: corrispettivo: euro 6.855, costo: euro 6.987; operazione 3: corrispettivo: euro 5.287, costo: euro 5.834. Il totale dei corrispettivi andrà commisurato in euro 22.393 ed il totale dei costi in euro 22.696. Se non sussistono altri redditi da dichiarare in questo quadro al rigo RT21 andrà indicata quindi la somma di 22.393 e al rigo RT22 la somma di 22.696. Si rileverà quindi una minusvalenza complessiva di 303 euro.

[19] Quindi, ad esempio, riprendendo i valori indicati nella nota precedente, se oltre alle operazioni ivi descritte, il contribuente avesse corrispettivi da cessione di obbligazioni per euro 1.500 e relativi costi di acquisto per euro 3.500 e un’operazione in derivati per la quale rilevare corrispettivi per 6.855 e costi per 3.899 la compilazione definitiva del rigo RT21 dovrebbe riportare la cifra di 30.748 (pari a 22.393 + 1.500 + 6.855) e il rigo RT22 la cifra di 30.095 (pari a 22.696 + 3.500+3.899) rilevando ora una plusvalenza complessiva di 653.

[20] Si tratta della sezione dedicata alla dichiarazione delle plusvalenze assoggettate ad imposta sostitutiva del 20%.

[21] Nelle istruzioni per la compilazione del modello redditi in relazione ai righi RT24 e RT25 sono indicate le percentuali di riproporzionamento per ciascuna singola fattispecie.

[22] Ricordiamo che le minusvalenze sono riportabili per 4 anni.