
RIFORMA DELLO SPORT: ANCORA NESSUNA NOVITÀ – UN PUNTO DELLA SITUAZIONE – parte 1
Dopo avere approfondito tutti gli aspetti rilevanti per la gestione amministrativa di un ente sportivo dilettantistico sulla base del testo del decreto correttivo alla Riforma approvato nello scorso autunno[1], negli ultimi due mesi siamo stati pronti a fornirvi aggiornamenti sulle modifiche che tutti attendono al fine di rendere sostenibile il costo della riforma.
Tuttavia ad oggi ancora non esiste alcuna modifica normativa, né alcuna proposta concreta[2]. Neppure sono stati approvati i tanti e importanti decreti attuativi cui le norme in vigore demandano la pratica applicazione della nuova disciplina[3]. Infine non sono stati approntati nemmeno gli strumenti informatici che dovrebbero essere predisposti per poter dar corso ai nuovi adempimenti. Mi riferisco in particolare alla piattaforma informatica che deve essere istituita dalla società Sport & Salute all’interno del portale del Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche onde permettere agli enti sportivi di procedere agli adempimenti comunicativi previsti dalla normativa in modo semplificato[4]. Peraltro questa mancata messa in funzione della piattaforma informatica costituisce una violazione delle disposizioni di legge che prevedevano che le disposizioni tecniche e i protocolli informatici dovessero essere pronti entro la data del 1 aprile 2023[5].
In sostanza ad oggi non conosciamo la normativa che entrerà in vigore tra meno di due mesi e non esistono gli strumenti per poter adempiere ai nuovi obblighi di legge.
Possiamo quindi formulare alcune considerazioni e riportarvi quelle che sono le aspettative sull’evoluzione della situazione in base alle dichiarazioni effettuate negli ultimi mesi dai soggetti qualificati a intervenire sulla disciplina in oggetto.
In particolare è importante sapere che negli ultimi mesi, dopo l’approvazione della proroga dell’entrata in vigore della Riforma, si è tenuta in Parlamento un’indagine conoscitiva[6] durante la quale sono stati ascoltati i pareri di diversi soggetti qualificati[7] e portatori di interessi[8] collegati a questa innovazione normativa. Da tale indagine conoscitiva è emersa una generale volontà di apportare modifiche alla Riforma dello Sport e sono state elevate alte grida di pericolo per la sostenibilità di questa Riforma soprattutto per gli enti di minori dimensioni ed in considerazione non solo e non tanto del costo monetario da sostenere correlato alle maggiori imposte e contributi, quanto al costo diretto e indiretto correlato alla “burocratizzazione” della gestione amministrativa e all’assunzione di rischi non tollerabili per gli enti sportivi[9]. Tuttavia non si può non notare che, a fronte di questi allarmi e di queste generiche proposte di modifica (non è stata ancora presentata nessuna proposta organica di variazione della norma), sono state più volte ribadite posizioni intollerabili e insostenibili per il sistema degli enti sportivi dilettantistici che svolgono attività diverse da quelle delle palestre, piscine o altre attività sportive che forniscono lavoro a istruttori, atleti o altri soggetti per i quali questi incarichi siano la loro attività principale. In effetti il leit-motiv di molte delle dichiarazioni dei soggetti qualificati ascoltati nel corso dell’indagine conoscitiva è stato quello di ribadire che la Riforma dello Sport si rende necessaria per garantire il rispetto della dignità dei lavoratori sportivi che, in mancanza di copertura previdenziale ed inquadramento assimilato a quello di un lavoratore dipendente, continuerebbero ad essere sfruttati e ridotti nelle loro qualifiche nonostante le eventuali grandi competenze e capacità[10].
Chiunque conosca il funzionamento del mondo dello sport dilettantistico capisce bene che questa ricostruzione non è applicabile a tutte le discipline in cui le attività sportive vengono svolte da bambini o giovani che vengono allenati e istruiti da allenatori/ tecnici o comunque soggetti che hanno un altro lavoro principale ed impegnano il proprio tempo libero e le proprie energie in questa attività vissuta come una passione e non come un vero e proprio lavoro. Appare quindi evidente che in tutti questi casi non si ha nessuno sfruttamento di lavoro e l’imposizione di obblighi come quelli contenuti nella Riforma dello Sport risulta insostenibile per l’ente sportivo dilettantistico. Inoltre dagli approfondimenti fatti emerge anche che la copertura previdenziale fornita dalla riforma ai tecnici o ai collaboratori sportivi è del tutto inutile in quanto, a causa dell’esistenza di minimali contributivi previsti dalla disciplina previdenziale, probabilmente nessuno di loro potrà mai avere una pensione riconducibile a questa attività. La copertura infortunistica tramite l’obbligo di assicurazione presso INAIL sarebbe anch’essa del tutto inutile, dato che si rivelerebbe un doppione della copertura assicurativa che si ha già con il tesseramento. Al contrario l’inquadramento dei lavoratori sportivi nella categoria dei collaboratori coordinati e continuativi[11] configura per l’ente sportivo dilettantistico una situazione intollerabile e insostenibile in quanto lo qualifica come datore di lavoro con tutte le relative conseguenze. In altri termini, una associazione sportiva che nel corso del 2022 abbia pagato compensi sportivi a 100 collaboratori (situazione che in realtà dinamiche non necessariamente di grandi dimensioni ricorre con una certa frequenza e magari comporta il pagamento per la maggior parte di collaboratori di somme relativamente modeste) e quindi nei mesi scorsi abbia consegnato un pari numero di CU, verrebbe qualificata a partire dal secondo semestre del 2023 come un datore di lavoro con 100 dipendenti. Tenendo conto degli adempimenti necessari per la gestione di ogni dipendente, dei correlati obblighi di impiantare un sistema di sicurezza sul lavoro altamente burocratizzato e costoso come ben sa chi ha anche un solo collaboratore in una impresa commerciale e di tutti gli altri obblighi che potrebbero essere aggiunti con i decreti attuativi ancora non emanati, si capisce che questa riforma risulta insostenibile per la maggior parte degli enti sportivi dilettantistici ed in particolar modo per quelli di minori dimensioni.
[1] Cfr. https://www.studiofabiozucconi.it/riforma-dello-sport-1-levoluzione-della-normativa-e-lentrata-in-vigore/ (Newsletter n.16/22); https://www.studiofabiozucconi.it/riforma-dello-sport-2-la-nuova-normativa-in-tema-di-lavoro-sportivo-approfondimento-sui-regimi-fiscale-previdenziale-e-assistenziale/ (Newsletter n.17/22); https://www.studiofabiozucconi.it/riforma-dello-sport-3-la-nuova-normativa-in-tema-di-lavoro-sportivo-approfondimento-sui-nuovi-obblighi-amministrativi/ (Newsletter n.18/22); https://www.studiofabiozucconi.it/riforma-dello-sport-4-la-nuova-normativa-in-tema-di-lavoro-sportivo-le-mansioni-che-potranno-essere-remunerate-come-lavoro-sportivo/ (Newsletter n.19/22); https://www.studiofabiozucconi.it/riforma-dello-sport-nel-milleproroghe-la-tanto-attesa-proroga/ (Newsletter n.20/22).
[2] Intesa sotto forma di disegno di legge o altro strumento legislativo o di prassi.
[3] Mi riferisco in particolare ai decreti che individuano le modalità di svolgimento delle attività secondarie e strumentali (ad esempio la somministrazione di alimenti e bevande al bar/ posto di ristoro); ai regolamenti degli enti affilianti in relazione alle mansioni che potranno essere oggetto di compenso ai lavoratori sportivi; al decreto per gli adempimenti in tema di privacy; al decreto inerente le modalità di svolgimento dei controlli sanitari sui lavoratori sportivi; alle linee-guida per la predisposizione di modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei codici di condotta e tutela dei minori e per la prevenzione di ogni discriminazione.
[4] Attraverso questa piattaforma gli enti sportivi dilettantistici dovrebbero effettuare le comunicazioni dei dati identificativi del rapporto di lavoro sportivo e l’obbligo di tenuta del libro unico del lavoro.
[5] Art.28 c.5 del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n.36.
[6] Trattasi dell’indagine conoscitiva sulle tematiche afferenti al lavoro sportivo deliberata il 31 gennaio 2023 e tenuta dalle Commissioni Riunite del Parlamento VII (Cultura Scienza Istruzione) e XI (Lavoro pubblico e privato).
[7] Sono stati “auditi” ad esempio il Ministro per lo sport e i giovani, Andrea Abodi; il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maria Elvira Calderone; il Presidente del CONI, Giovanni Malagò; il Presidente della Commissione fiscale del CONI, Andrea Mancino; il Presidente e Amministratore Delegato della società Sport & Salute Spa, Vito Cozzoli.
[8] Tra gli altri sono stati sentiti Associazione Italiana Calciatori; Confederazione Italiana degli Sportivi; Associazione nazionale atlete; Federazione Italiana Nuoto Toscana; Lega di pallavolo della Serie A; FIPAV; Istituto Nazionale Tributaristi; Federazione Italiana Hockey; AssoDanza Italia; rappresentanti delle Regioni e delle Province Autonome; Associazione Special Olympics; Progetto Filippide; Associazione Italiana Allenatori Calcio; ACLI; OPES; ACSI; AICS; ASC; Centro nazionale sportivo Libertas; CSAIN; CSEN; CSI, ENDAS, PGS e UISP.
[9] In particolare durante le audizioni sono state presentate istanze e proposte per avere una riduzione del carico burocratico previsto dalla Riforma dello Sport; una maggiore chiarezza normativa; la necessità di distinguere tra soggetti di grandi e piccole dimensioni; l’opportunità di utilizzare il Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche come strumento di semplificazione burocratica; l’opportunità di prevedere il pagamento da parte dello Stato di contributi figurativi che permettano ai lavoratori sportivi di avere una pensione dignitosa; la necessità di avere una chiara definizione delle mansioni che possono essere remunerate come lavoro sportivo e l’opportunità di centralizzare questa definizione invece di lasciarla alle decisioni dei singoli enti affilianti; la necessità di regolare meglio la normativa sui compensi a lavoratori sportivi che siano pubblici dipendenti; l’opportunità di eliminare il contributo minimo ai fini INAIL; la necessità di derogare alla normativa sulla sicurezza sul lavoro che risulterebbe non applicabile senza danni agli enti sportivi dilettantistici; l’opportunità di specificare meglio e possibilmente aumentare il numero massimo di ore lavorative settimanali al di sopra delle quali non sussiste la presunzione di collaborazione continuativa; la necessità di regolamentare le collaborazioni amministrative in maniera non penalizzante rispetto alle collaborazioni sportive; l’opportunità di non tassare i premi sportivi di importo ridotto; il riconoscimento della possibilità di rimborsare le spese per i trasferimenti all’interno del Comune di residenza; l’incremento della franchigia contributiva (oggi fissata a 5.000 euro) o fiscale (oggi fissata a 15.000 euro); il riconoscimento di gettoni di presenza non tassabili ed infine la sospensione di qualunque sanzione per il primo periodo
[10] Si fa spesso riferimento ai laureati in scienze motorie costretti ad accettare compensi di collaborazione sportiva privi di contribuzione previdenziale e spesso entro i 10.000 euro annui per evitare imposizione fiscale.
[11] Prevista dall’art.28 del D.Lgs. 36/2021.