
RIFORMA DELLO SPORT: ANCORA NESSUNA NOVITÀ – UN PUNTO DELLA SITUAZIONE – parte 2
Ora, una volta ricostruiti tutti i punti di criticità che la riforma presenta per gli enti sportivi dilettantistici[1], ci occupiamo di fare alcune ipotesi su ciò che potrà accadere da oggi al 1 luglio per poter programmare l’attività da svolgere a partire dai prossimi mesi, sia pure nei limiti dell’incertezza che comunque rimane molto alta.
Innanzitutto la prima ipotesi che circola e che, dati i precedenti e le abitudini del nostro Paese, in altri casi sarebbe certamente la più probabile, è che l’entrata in vigore della riforma venga ulteriormente prorogata. Dato che a distanza di meno di due mesi dall’entrata in vigore prevista ancora non si conosce l’effettiva disciplina che verrà applicata e che mancano una quantità rilevante di norme di dettaglio, nonché gli strumenti informatici da utilizzare, in questo caso la scelta della ulteriore proroga apparirebbe in realtà ragionevole se non quasi necessaria. Tuttavia il Ministro per lo Sport si è espresso in maniera inequivocabile ed anche in tempi molto recenti dichiarando che non ci sarà una nuova proroga[2]. Questa circostanza lascia presagire che in effetti sarà assai difficile avere una proroga ufficiale con fissazione di un nuovo termine per l’entrata in vigore dell’intera riforma o anche solo della parte della riforma relativa al lavoro sportivo.
La seconda ipotesi ventilata è quella che prevede una proroga sostanziale senza che questa venga formalmente riconosciuta da una norma specifica. L’ipotesi è quella di far entrare in vigore la riforma nominalmente già il 1 luglio, ma, per la mancanza degli strumenti pratici per la sua attuazione, prorogarne l’effettiva entrata in vigore a un momento successivo in cui tutte le norme di dettaglio fossero definite e gli strumenti informatici predisposti. In questo modo sarebbe possibile prendere tempo per studiare eventuali ulteriori correttivi alla normativa da adottare prima della predisposizione delle norme di dettaglio. In effetti esistono già oggi delle disposizioni[3], anche importanti, della nuova normativa che nella versione attuale della riforma prevedono che la loro entrata in vigore sia subordinata all’adozione di specifici decreti o documenti di prassi. Rileviamo che questa soluzione, oltre a rappresentare un’ulteriore prova della approssimazione con cui viene gestito il procedimento legislativo in questo Paese, porterebbe a un periodo di assoluta incertezza sugli obblighi da svolgere e a una possibile paralisi dell’attività degli enti sportivi dilettantistici o per lo meno di alcune loro funzioni in attesa dei necessari chiarimenti.
Una terza ipotesi che si è fatta strada prevede una modifica alla normativa che preveda l’istituzione di una “zona franca” di compensi sportivi al di sotto della quale non devono essere attuati adempimenti di alcun genere (né fiscali, né previdenziali, né di altro tipo). Eventualmente questa “zona franca” potrebbe essere subordinata al fatto che il percipiente svolga anche un altro lavoro in via principale escludendone l’applicazione a chi fa dell’attività sportiva la propria occupazione principale. In altri termini per i rapporti di collaborazione sportiva che prevedono il pagamento di una somma complessiva annua inferiore a una soglia da determinare[4] verrebbe esclusa la qualifica di lavoratore sportivo in capo al collaboratore e quindi di datore di lavoro in capo all’ente sportivo dilettantistico. Non ci sarebbe alcun importo da pagare come premio assicurativo contro gli infortuni, contributo previdenziale o imposta sui redditi. Non sarebbe necessario fare alcuna comunicazione dell’esistenza di contratti di collaborazione, né del fatto che sono stati fatti dei pagamenti di compensi. Gli unici adempimenti che rimarrebbero da svolgere sarebbero, come già si deve fare ora, il rilascio della Certificazione Unica annuale con trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate e la dichiarazione del percipiente di non aver superato la soglia che verrà prevista per legge. Questa è la soluzione auspicata da organi interni alle Federazioni Sportive Nazionali e in generale da chi conosce la situazione degli enti sportivi dilettantistici e, a nostro avviso, è la più sostenibile per le associazioni e società sportive. In effetti si tratta di una soluzione che somiglia molto a quella attuale e già solo per questo risulterebbe di semplice applicazione.
Infine esiste una ulteriore proposta di modifica della normativa che è stata sinteticamente esposta anche in una sede istituzionale durante alcune delle audizioni[5] nel corso dell’indagine conoscitiva di cui abbiamo fatto cenno in precedenza. Tale proposta prevede che la Riforma dello Sport, almeno per quanto riguarda il tema del lavoro sportivo, non entri in vigore per quegli enti sportivi dilettantistici che abbiano una dimensione inferiore a una certa soglia. Per tali soggetti di minori dimensioni, con riferimento ai pagamenti di compensi sportivi, continuerebbero a valere le norme attuali[6]. Bisognerebbe identificare la soglia di non applicazione stabilendo in primo luogo il criterio da applicare per la misurazione della dimensione dell’ente sportivo. Nella dichiarazione verbalizzata dall’indagine conoscitiva la grandezza da prendere in considerazione sarebbe stata individuata nel “valore della produzione” che, per analogia con i termini utilizzati nelle società commerciali, potrebbe essere identificato con il fatturato. Occorrerebbe anche chiarire che si dovrebbe fare riferimento esclusivamente ai proventi commerciali lasciando fuori da questo calcolo i ricavi da attività istituzionale. Inoltre, ovviamente, la validità della proposta dipenderebbe dalla quantificazione che verrebbe data al valore della produzione al di sotto del quale non si applicherebbe la normativa sul lavoro sportivo recata dalla riforma. La proposta ipotizzata contiene anche l’introduzione dell’obbligo di depositare il bilancio/ rendiconto presso il Registro delle Attività Sportive Dilettantistiche, ma tale obbligo non dovrebbe essere percepito come un problema in quanto la corretta tenuta della contabilità dovrà comunque diventare una necessità per tutti gli enti sportivi compresi i più piccoli. In ogni caso la sensazione è che nel giro di poco tempo la pubblicità del rendiconto diventerà comunque obbligatoria e quindi se questo diventerà il prezzo da pagare per escludere l’applicazione della Riforma dello Sport certamente sarebbe un onere sopportabile. In conclusione questa soluzione avrebbe il pregio di permettere di escludere le conseguenze pregiudizievoli della riforma in capo agli enti sportivi di minori dimensioni, che sicuramente sono quelli che non potrebbero permettersi i costi dell’adeguamento. Tuttavia occorrerebbe che la fissazione dei parametri di applicazione di questa soluzione permettesse alla maggioranza degli enti sportivi dilettantistici di evitare la disciplina del lavoro sportivo. Una soluzione valida potrebbe essere quella di fissare il limite di disapplicazione della riforma allo stesso livello di quello fissato per l’opzione del regime fiscale agevolato di cui alla legge 398/1991 e quindi a 400.000 euro. In questo modo solo le società sportive di maggiori dimensioni[7] sarebbero destinatarie delle nuove norme, mentre quelle che oggi possono aderire al regime della legge 398/1991 manterrebbero sostanzialmente la medesima normativa esistente anche in tema di compensi sportivi. In caso di fissazione di una soglia inferiore è facile prevedere che diversi enti sportivi ipotizzerebbero di costituire una pluralità di associazioni suddividendo ad esempio le attività giovanili da quelle della prima squadra per rientrare nell’esenzione con entrambe. Infine rileviamo che, nel caso in cui si addivenisse a questo tipo di soluzione, diventerebbe fondamentale che venissero dettate regole più precise per la redazione dei rendiconti in quanto ad oggi la disciplina prevista perle associazioni sportive in tema di contabilità e redazione del rendiconto è assai approssimativa[8] e potrebbe portare a contenziosi che inciderebbero anche sull’applicazione della norme del lavoro sportivo.
Parma, 16 maggio 2023
Dr. Fabio Zucconi
[1] https://www.studiofabiozucconi.it/riforma-dello-sport-ancora-nessuna-novita-un-punto-della-situazione-parte-1/ Newsletter Sport-Update n.5/23.
[2] Dichiarazione del Ministro per lo sport e i giovani Andrea Abodi nel Question Time al Senato della Repubblica in data 20 aprile 2023: “Rispondo già in estrema sintesi che, così come ho già avuto modo di anticipare in altri miei interventi, la data del primo luglio sarà quella di entrata in vigore della riforma, quindi mi auguro che ormai questo si sia già stabilizzato nei convincimenti di tutti …”.
[3] Ci riferiamo in particolare all’articolo 28, ultimo comma del D. Lgs. 28 febbraio 2021, n.36 che così recita: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’Autorità politica da esso delegata in materia di sport, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il primo aprile 2023, sono individuate le disposizioni tecniche e i protocolli informatici necessari a consentire gli adempimenti previsti ai commi 3 e 4. Le disposizioni recate dai commi 3 e 4 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto decreto”. Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 di cui si parla sono la comunicazione dei dati necessari all’individuazione del rapporto di lavoro sportivo e l’obbligo di tenuta del libro unico del lavoro.
[4] Variabile nelle diverse proposte che abbiamo sentito ipotizzare da 5.000 a 15.000 euro.
[5] Intervento dell’on. Marco Perissa nell’audizione del 28 marzo 2023: “… uno dei passaggi fondamentali che inseriremo all’interno di questo testo sarà la costituzione di una fascia di esenzione per l’applicazione della riforma. Pensiamo anche che, affinché possa esistere una fascia di esenzione dall’applicabilità della riforma, dovremo chiedere un minimo sforzo ai presidenti e ai gestori degli impianti sportivi, ma è uno sforzo già previsto, nel chiedere di inserire all’interno del RAS il loro rendiconto economico e finanziario, o il bilancio per i soggetti costituiti in forma di società di capitali. Questo elemento di trasparenza rispetto al valore della produzione ci darebbe anche la possibilità di dire che sotto un certo valore della produzione questa riforma non si applica, perché consideriamo quello sport ad alto valore sociale, sia in termini di erogazione del servizio sportivo, sia in termini di assunzione di responsabilità ai fini dell’erogazione di quel servizio sportivo”. Lo stesso esponente politico nella successiva audizione del 3 aprile ha ribadito la proposta con le seguenti parole: “Non ritenete che possa essere funzionale intanto il ripristino per i soggetti associativi di una fascia del valore della produzione, aldi sotto della quale non applicare la riforma, recuperando l’applicazione dell’articolo 67 del TUIR per le prestazioni sportive, norma attualmente abrogata dal testo che entrerà in vigore?”.
[6] L’art.67, primo comma, lettera m) del Testo Unico Imposte sui Redditi verrebbe quindi ripristinato con l’inquadramento dei compensi sportivi nella categoria dei redditi diversi e l’esistenza di una franchigia fiscale da 10.000 euro e l’esclusione di qualsiasi adempimento di tipo anti-infortunistico e previdenziale.
[7] Tipicamente quelle che partecipano ai campionati semi-professionistici (ad esempio campionato Dilettanti nel calcio) o comunque alle prime serie negli sport che non si qualificano come professionisti (ad esempio serie A e B nella pallavolo o rugby).
[8] Cfr. https://www.studiofabiozucconi.it/il-rendiconto-annuale-delle-associazioni-sportive-dilettantistiche/