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Studio Fabio Zucconi

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UNA PROPOSTA PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEL RIMBORSO DELLE QUOTE PER LA PARTECIPAZIONE A CORSI SPORTIVI SOSPESI DURANTE L’EPIDEMIA DI CORONA-VIRUS

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L’attuale periodo di emergenza pone a tutti il problema di gestire i contratti e i rapporti con i terzi per i quali erano state concordate all’origine delle condizioni che ovviamente non potevano tenere conto dell’evento eccezionale rappresentato dalla pandemia.

Per le associazioni e società sportive dilettantistiche una delle principali questioni da affrontare è quella relativa alla sorte delle quote di iscrizione ai corsi per l’insegnamento della disciplina sportiva (scuola calcio, corsi di danza, lezioni di nuoto, ecc…). Ci si chiede in sostanza se le quote per l’iscrizione e la frequenza ai corsi già incassate e relative a periodi nei quali non si è potuto o non si potrà tenere il corso a causa degli obblighi di distanziamento sociale e alla conseguente chiusura forzata dell’attività imposti dalle Pubbliche Autorità, debbano essere rimborsati ed eventualmente in quale misura.

Chiariamo subito che il principio generale previsto dalla legge per questi casi impone che l’importo pagato per l’intera stagione debba essere riproporzionato in base al periodo in cui non è stato possibile svolgere l’attività sportiva e la quota parte corrispondente al periodo di non svolgimento dell’attività debba essere rimborsata all’iscritto al corso. Questa disciplina discende dall’applicazione delle norme in tema di impossibilità sopravvenuta[1].

È opportuno allo stesso tempo precisare fin da subito che la disciplina prevista dalla legge può essere derogata dall’accordo tra le parti. Infatti, lo stesso Codice Civile[2] prevede che le parti possano liberamente determinare il contenuto di un contratto purché non violino dei limiti imposti dalla legge. Pertanto, se il contratto prevede una specifica disciplina per i casi di impossibilità sopravvenuta dovuta a cessazione dell’attività per ordine della Pubblica Autorità, si dovranno seguire le regole previste dal contratto.

Infine, è altresì necessario puntualizzare che l’eventuale rimborso dovrà riguardare solo la quota che l’associazione o società sportiva ha incassato a fronte della frequenza al corso per il periodo in cui questo non è stato svolto o per le lezioni che non si sono potute tenere. Pertanto, se la quota incassata fosse composta da diverse componenti, il rimborso sarà dovuto solo per la componente correlata alla mancata realizzazione del corso. Chiariamo con un esempio: se la quota annua per l’iscrizione e la frequenza a un corso sportivo ammonta a 500 euro e la stessa può essere suddivisa in 20 euro di rimborso di spese di tesseramento (o eventualmente quota di iscrizione all’associazione), 70 euro di rimborso per la fornitura della muta per lo svolgimento dell’attività nel corso della stagione sportiva, 10 euro per l’assicurazione e 400 euro per la frequenza al corso vera e propria, il rimborso andrà fatto solo sulla quota dei 400 euro che andranno riproporzionati in base ai giorni o alle lezioni che è stato possibile svolgere in proporzione all’intera stagione sportiva.

Proponiamo un altro esempio per chiarire meglio:

Quota annua per corso attività sportiva da riproporzionare: euro 400,00

Periodo previsto attività sportiva: 15/9 – 31/5: totale 259 giorni

Prima quota da pagare entro il 31/10: euro 200,00

Seconda quota da pagare entro il 31/1: euro 200,00

Cessazione attività sportiva avvenuta il 24/2. Attività riprenderà solo in autunno con nuova stagione.

Periodo di attività usufruito: 15/9/19-23/2/20: 161 giorni

Periodo di attività non usufruito: 24/2-31/5/20: 98 giorni

Importo quota annua riproporzionata: 248,65 euro

Importo da rimborsare se la seconda quota era già stata pagata: 151,35 euro

Importo da richiedere se la seconda quota non era già pagata: 48,65 euro

Ciò premesso, si ritiene anche che l’attuale situazione, non avendo precedenti e non essendo in nessun modo né prevedibile, né dovuta alla negligenza di nessuna delle parti in causa, obbligherà queste ultime (società sportive e tesserati o corsisti) a trovare accordi che possono anche prescindere dai principi di diritto per  prendere in considerazione, nell’assoluta buona fede di entrambe le parti, le reciproche esigenze. In effetti le società sportive dilettantistiche sono tra i soggetti che maggiormente sono stati colpiti dall’attuale emergenza avendo dovuto cessare le proprie attività e quindi avendo azzerato le proprie entrate a fronte della necessità di sostenere comunque alcuni costi fissi. Per contro, il tesserato è generalmente consapevole che l’associazione in cui svolge la propria attività sportiva rappresenta un soggetto meritevole del proprio sostegno, ed in molti casi potrebbe essere disponibile a rinunciare ai propri diritti di rimborso per aiutarla.

Una soluzione che può contemperare le esigenze della società sportiva e del tesserato potrebbe essere quella che prevede di commutare la quota di iscrizione al corso sportivo da rimborsare, in erogazione liberale alla società sportiva detraibile fiscalmente. In questo modo la società sportiva non rimborserebbe nulla al proprio tesserato, ma quest’ultimo potrebbe massimizzare il proprio vantaggio fiscale potendo esercitare non solo la detrazione prevista per le spese per l’attività sportiva dei minori[3] in correlazione alla spesa rimasta a suo carico[4], ma anche la detrazione per l’erogazione liberale[5] fatta alla società sportiva attraverso la rinuncia al rimborso (o meglio, la sua trasformazione in erogazione liberale).

Un esempio può aiutare a comprendere meglio i vantaggi reciproci per la società e il tesserato. A tal fine riprendiamo i dati dell’esempio precedente, nel quale si evidenziava la necessità di rimborsare a ciascun corsista la somma di 151,35 euro. Secondo la soluzione ora proposta, il genitore del tesserato potrebbe dichiarare di voler commutare il pagamento della quota in una erogazione liberale non richiedendo quindi il rimborso. In questo modo la società sportiva manterrebbe l’intero importo della quota incassata senza dover rimborsare nulla, mentre il tesserato avrebbe diritto a una prima detrazione pari al 19% di 210 euro correlata alla spesa effettivamente sostenuta per l’attività sportiva del minore[6] e a una seconda detrazione pari al 19% di 151 euro correlata alla erogazione liberale effettuata. In totale quindi il genitore del tesserato avrebbe un recupero fiscale di 69 euro[7]. È evidente che nell’esempio proposto, in ogni caso, il genitore del tesserato, aderendo a questa proposta, ci rimetterebbe 121 euro[8], tuttavia con questo sacrificio, ridotto nell’entità grazie alla detrazione fiscale, potrebbe permettere alla società sportiva di affrontare in migliori condizioni la situazione particolarmente grave che sta affrontando in questo periodo e contribuire alla sua sopravvivenza.

Comprendiamo che questa scelta possa apparire complicata, anche alla luce di quello che si dirà in merito agli adempimenti contabili e amministrativi che comporta, tuttavia non va dimenticato che se riportiamo l’esempio fatto sopra su 200 tesserati, la somma che non dovrà essere rimborsata dalla società sportiva ammonta a oltre 30.000 euro, ed il risparmio fiscale garantito cumulativamente a tutti i genitori dei tesserati ammonta a poco meno di 6.000 euro e quindi non può essere considerato trascurabile e alcune società sportive potrebbero ritenere conveniente sostenere il maggior carico di adempimenti amministrativi per ottenere questo risultato. La convenienza ad adottare questa soluzione quindi, dipende dal numero dei tesserati a cui sarebbe dovuto il rimborso e dall’entità di quest’ultimo.

Ciò premesso, vediamo nel dettaglio come potrebbe essere organizzata questa soluzione.

Innanzitutto, la società sportiva dovrebbe rilasciare al tesserato un documento attraverso il quale attesta che parte della quota di frequenza al corso sportivo viene rimborsata. Tale documento dovrebbe essere anche oggetto di registrazione contabile per la società sportiva al fine di rilevarne l’effetto nel rendiconto o nel bilancio annuale[9]. Tale documento, come peraltro la ricevuta dell’incasso originario, non avrebbe invece, nella generalità dei casi[10], alcun effetto fiscale, né ai fini dell’IVA, né ai fini della dichiarazione dei redditi.

Contemporaneamente la società sportiva dovrebbe rilasciare al tesserato (o al genitore del tesserato minore) una ricevuta per erogazione liberale detraibile ai sensi dell’art.15, comma 1, lett. i-quinquies del Tuir. Anche questo documento dovrebbe essere registrato nella contabilità della società sportiva come ricavo istituzionale e ancora una volta non avrebbe alcuna rilevanza fiscale né ai fini dell’IVA né ai fini delle imposte dirette.

Ora, veniamo ad affrontare l’aspetto della tracciabilità dei pagamenti. Le detrazioni per spese per attività sportive dei minori e per erogazioni liberali agli enti sportivi dilettantistici sono subordinate al fatto di avere effettuato i pagamenti in modalità tracciabile[11]. Ne deriva quindi che la strada maestra affinché la soluzione proposta raggiunga i suoi scopi è quella che sia i rimborsi ai tesserati che i versamenti delle erogazioni liberali avvengano tramite modalità tracciabili e quindi, stante l’attuale obbligo di distanziamento sociale, prevalentemente attraverso bonifico bancario. Certamente questa modalità per mettere in pratica la soluzione consigliata appare molto macchinosa e impegnativa in quanto dal punto di vista amministrativo e contabile la società sportiva, nell’esempio fatto sopra relativo a 200 tesserati che accettino di aderire alla soluzione, dovrebbe effettuare 200 bonifici a debito, monitorare l’accredito di 200 bonifici in entrata, abbinarli ad ogni tesserato ed infine contabilizzare 400 movimenti contabili. Per di più l’operazione complessivamente avrebbe un costo non indifferente dal momento che ogni bonifico avrebbe un costo che, se lo stimiamo in 1,5 euro l’uno porterebbe a un costo complessivo dell’operazione di 600 euro pari a oltre il 10% della somma che rappresenta il vantaggio dell’operazione. Rileviamo altrettanto, tuttavia, che nell’esempio fatto, a fronte di un innegabile importante aggravio di lavoro, in ogni caso tra società sportiva e tesserati, si avrebbe pur sempre un risparmio di oltre 5.000 euro.

Al fine di evitare l’aggravio di adempimenti amministrativi e contabili possiamo proporre alle società sportive di perfezionare questa soluzione utilizzando come modalità di pagamento anziché il bonifico bancario o altre modalità di pagamento espressamente indicate dalla normativa di riferimento, l’istituto della compensazione[12]. Il presupposto per questa soluzione è che, originariamente il pagamento della quota di frequenza al corso sportivo da parte del tesserato sia avvenuto con modalità tracciabili[13]. Ciò premesso, per poter applicare questa soluzione la società sportiva dovrebbe innanzitutto richiedere a tutti i tesserati disponibili ad aderire, di sottoscrivere un documento[14] nel quale promettono il pagamento immediato di una somma a titolo di erogazione liberale. Immediatamente dopo si potrebbe procedere alla compensazione tra le rispettive ragioni di debito e credito (il rimborso della parte di quota per la frequenza del corso sportivo e l’erogazione liberale) che in quel momento si configurerebbero come debiti che hanno per oggetto una somma di danaro e che siano ugualmente liquidi ed esigibili[15]. Per dare ulteriore chiarezza all’operazione svolta si ritiene utile produrre uno specifico documento che certifichi la reciproca volontà della società sportiva e del tesserato di compensare le proprie ragioni di debito-credito.

In questo modo, in caso di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria, si può ritenere che sia sufficiente per il tesserato, fornire come prova di avere utilizzato mezzi di pagamento tracciabili, l’avvenuto pagamento originario in modalità tracciabile e la documentazione scritta che attesta il pagamento della erogazione liberale tramite compensazione con il credito nel frattempo maturato.

Siamo consapevoli che la soluzione potrebbe essere ulteriormente complicata dal fatto che il pagamento originario per la quota del corso sportivo sia avvenuta nel 2019, mentre l’erogazione liberale nel 2020. Ciò potrebbe indurre l’amministrazione finanziaria a contestazioni in caso di controllo. Tuttavia, la documentazione predisposta secondo le precedenti indicazioni, potrebbe facilmente provare che il pagamento dell’erogazione liberale è avvenuto nel 2020 in quanto in questo periodo di imposta è avvenuta la compensazione che rappresenta l’effettiva modalità di pagamento. Ovviamente è altresì necessario che correlativamente la quota di spese per attività sportiva del minore sostenuta nel 2019 dai genitori del tesserato di cui si chiede la detrazione sia ridotta della quota successivamente rimborsata e che ciò risulti dalla eventuale certificazione rilasciata dalla società sportiva.

Infine, rileviamo che l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare il fatto che la compensazione non è esplicitamente prevista tra le modalità di pagamento tracciabili consentite per poter effettuare la detrazione. In effetti non ci consta al momento alcun documento di prassi che abbia affrontato la questione con riferimento alla possibilità di operare questo genere di detrazioni nella dichiarazione dei redditi. Tuttavia, riteniamo applicabile per analogia al caso di specie la posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate in riferimento alla possibilità di detrarre l’IVA e dedurre il costo dell’acquisto di carburante[16] (fattispecie per la quale, come nel nostro caso, la norma prevede l’obbligo di pagamento con modalità tracciabili), nei casi in cui il pagamento sia avvenuto tramite compensazione. In questi casi infatti l’Agenzia delle Entrate ha ammesso la detrazione dell’imposta e la deduzione del costo a condizione che il pagamento della prestazione originaria sia avvenuto con modalità tracciabili; la prestazione successiva (oggetto di compensazione) sia documentata; i rapporti di debito e credito tra le parti risultino da chiare e dettagliate evidenze documentali e contabili; i pagamenti di importi eventualmente non compensati (conguagli) siano effettuati con mezzi tracciabili. In sostanza, come viene esplicitamente indicato nella Risposta alle istanze di interpello n.189/2019, “si ritengono validi i pagamenti effettuati dal soggetto passivo … allo stesso riconducibili secondo una catena ininterrotta di corresponsioni con strumenti tracciabili”.

Ne consegue quindi, per concludere, che la soluzione di effettuare tutti i pagamenti e contabilizzare tutti i movimenti appare più sicura in caso di controlli, ma assai più complicata dal punto di vista degli adempimenti da svolgere. Al contrario, la soluzione di effettuare i pagamenti reciproci attraverso l’istituto della compensazione riduce notevolmente la quantità di adempimenti da svolgere ed appare comunque corretto e in linea con le prescrizioni normative anche alla luce di interpretazioni ministeriali dettate per fattispecie simili. Per quest’ultima soluzione rimane tuttavia una parte di aleatorietà in caso di controllo in quanto non ci risultano esistenti, al momento, chiarimenti certi sul punto.

Parma, 20 aprile 2020

Dr. Fabio Zucconi

 

 

 

 

 

[1] La figura dell’impossibilità sopravvenuta è disciplinata dagli articoli 1256, 1463 e 1464 del codice civile. L’art.1256 prevede che l’obbligazione si estingue quando per una causa non imputabile al debitore la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è temporanea il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. L’obbligazione si estingue se il creditore non ha più interesse a conseguirla. L’art.1463 sancisce che nei contratti con prestazioni corrispettive la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta. L’art. 1464 afferma che quando la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta e può recedere dal contratto.

[2] Cfr. art.1322 c.c.

[3] Cfr. Art.15, comma 1, lettera i-quinquies) del Tuir con massimale di 210 euro.

[4] Ci riferiamo ovviamente alla parte di quota sostenuta per il corso che non è stata oggetto di rimborso in quanto si riferisce al periodo dell’anno in cui l’attività è stata effettivamente svolta.

[5] Cfr. Art.15, comma 1, lettera i-ter) del Tuir con massimale di 1.500 euro.

[6] Ricordiamo che nell’esempio fatto precedentemente la somma spesa in totale per l’attività sportiva della stagione ammonta a 248 euro e quindi risulta superiore ai 210 euro del massimale previsto dalla legge per la detrazione.

[7] Pari al 19% di 361 euro (210 + 151).

[8] Pari alla differenza tra il rimborso integrale di 151 euro cui avrebbe avuto diritto e la detrazione che può recuperare.

[9] La rilevazione avverrebbe secondo il principio di cassa o di competenza a seconda delle regole usualmente utilizzate per la compilazione del rendiconto o del bilancio.

[10] Consideriamo in questo articolo solo i casi di incassi per la frequenza a corsi sportivi che abbiano le caratteristiche per rientrare tra i cosiddetti corrispettivi specifici decommercializzati di cui all’art.148, comma 3 del Tuir.

[11] Per la detrazione correlata alle erogazioni liberali questo obbligo era presente fin dall’origine nello stesso testo dell’art.15 comma 1, lettera i-ter) che prevede testualmente che la detrazione è possibile “a condizione che il versamento sia eseguito tramite banca o ufficio postale, ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto del Ministro dell’Economia”. Questa disposizione è stata integrata recentemente dall’articolo 1, comma 679 della legge 160 del 7 dicembre 2019 che subordina la possibilità di esercitare le detrazioni di tutti gli oneri indicati nell’articolo 15 del Tuir alla condizione che “l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.241”.

[12] Cfr. art.1241 c.c.: “Quando due persone sono obbligate l’una verso l’altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti …”.

[13] Quindi, se il pagamento della quota effettuato all’inizio della stagione è avvenuto in contanti non si potrà utilizzare questa interpretazione in quanto viene meno una delle caratteristiche che si ritengono essenziali, come si comprenderà in seguito.

[14] Questo documento assumerebbe la qualifica giuridica della “promessa di pagamento” secondo quanto previsto dall’art.1988 del codice civile e, per gli effetti di questa norma, farebbe nascere automaticamente la presunzione di esistenza di un debito, il quale, dal momento che viene indicato che il pagamento deve avvenire immediatamente e per una somma determinata, sarebbe liquido ed esigibile.

[15] Avrebbero pertanto in questo modo tutte le caratteristiche richieste dall’art.1243 c.c. perché possa avvenire la compensazione.

[16] Cfr. Risposta n.189 del 12 giugno 2019 alle istanze di interpello e Risposta n.19 del 14 novembre 2019 alle istanze di consulenza giuridica.